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PERCORSI DI INTERVENTO IN PSICOLOGIA CLINICA TRA ORIENTAMENTO PSICODINAMICO E ORIENTAMENTO AUTOGENO
- 22/08/2022
- Posted by: delmondo imperatore
- Category: Senza categoria
A cura di: Pisani Francesca
Parole chiave: Psicoterapia integrata, Psicologia psicodinamica, Psicoterapia psicodinamica, Psicoterapia autogena
SOMMARIO
OBIETTIVO: In questo studio, revisionando la letteratura, l’obiettivo è stato quello di formulare un’ipotesi di approccio integrato tra gli orientamenti psicodinamico e autogeno in modo da valorizzare le potenzialità di ciascun modello e che esalti gli effetti sinergici dell’uso parallelo delle diverse tecniche.
METODO: Mediante la lettura dei testi originali dei principali autori e la ricerca in banche date online è stato possibile presentare la teoria dei due modelli psicologici ed elaborare un’ipotesi di intervento psicologico integrato, analizzando somiglianze e differenze tra i due paradigmi.
CONCLUSIONI: I modelli psicologici presi in esame hanno radici in comune inizialmente, ma presentano degli sviluppi tecnici differenti, in particolare nell’uso dell’interpretazione e nella gestione delle resistenze e transfert. Nonostante questo, risulta possibile ed efficace la proposta di un approccio integrato, poiché l’uso parallelo delle tecniche rinforza le connessioni celebrali interemisferiche promuovendo la consapevolezza di sé e incrementando la capacità di insight. Lo stato autogeno favorisce l’abbassamento delle difese del paziente, riduce l’ansia, risolve più velocemente le situazioni conflittuali o traumatiche che danno origine a tensione e/o psicopatologia.
INTRODUZIONE
In questo lavoro viene analizzato l’orientamento psicodinamico con quello autogeno, poiché nonostante abbiano vertici osservativi differenti studiano entrambi la mente umana spiegandone i comportamenti e proponendo specifiche metodologie di intervento alla psicopatologia. Gli autori di riferimento per il modello psicodinamico sono G. O. Gabbard, N. Lalli e il gruppo di lavoro tedesco OPD (Diagnosi Psicodinamica Operazionalizzata). Per il modello autogeno, invece, si sono considerati I. H. Schultz, W. Luthe e L. De Rivera. Approfondiamo di seguito i diversi modelli per poi valutare la proposta di un intervento psicologico integrato nella presa in carico di un paziente.
ORIENTAMENTO PSICODINAMICO
Questo modello ha due principali obiettivi: sia quello di spiegare i fenomeni mentali come risultato dei conflitti generati da forze inconsce contrastanti ed opposte che lottano per esprimersi; sia quello di intendere la malattia come deficit o assenza di strutture psichiche che impedisce la possibilità alla persona di sentirsi integra e sicura di sé. L’approccio dinamico, attribuendo grande valore al mondo interno del paziente, si occupa delle tensioni mentali ed emozionali consce o inconsce e si concentra sui desideri, sentimenti o bisogni in conflitto e sul loro significato. In particolare, mostra attenzione sul contenuto dei conflitti attuali della persona e li relaziona al conflitto principale o alle esperienze infantili.
I quattro fondamenti teorici del modello psicodinamico:
- La Psicologia dell’Io
- La teoria delle relazioni oggettuali
- La Psicologia del Sé
- La teoria dell’attaccamento
I principi fondamentali alla base del modello psicodinamico:
- Inconscio
- Determinismo psichico
- Mondo interno (sogni, fantasie, desideri, impulsi, paure)
- Relazione
- Passato
- Transfert e Controtransfert
- Resistenze
- Meccanismi di difesa
ORIENTAMENTO AUTOGENO
Questa tecnica si basa sul concetto di bionomia, ovvero sul raggiungimento dell’equilibrio personale e di ri-armonizzazione della dimensione biologica, psichica e spirituale dell’individuo (Schultz, 2001) attraverso la tecnica del Training Autogeno (T.A.). In pratica, attraverso questo orientamento, si accompagna il paziente ad autoregolarsi in modo tale da riequilibrare le funzioni che si sono alterate per cause di diversa natura come traumi, conflitti, stress, errori, tappe e scelte esistenziali difficili. Le tecniche autogene, prima di base, ovvero la ripetizione mentale di specifiche formule autogene e poi superiori (TAS: Training autogeno superiore; NA: Neutralizzazione autogena; AA: Abreazione Autogena), si possono definire una vera e propria meditazione di tipo propriocettivo. Infatti, lo stato autogeno è uno stato alterato di coscienza, dove si parte da un ascolto di sé a livello fisico per arrivare a livelli più profondi (Schultz, 1981, 2001; Luthe, 1977, Baruzzo, 2014; De Rivera, 2015; Abuín, 2016).
CONFRONTO FRA I DUE ORIENTAMENTI
Metodo – Il confronto dei due modelli è basato principalmente sull’articolo “Autogenic Psychotherapy and Psychoanalysis” (1997) a cura di De Rivera.
Analisi somiglianze e differenze – Un punto di somiglianza tra i due approcci vede il terapeuta impegnato a scoprire le cause che stanno dietro ai sintomi del paziente ed a cogliere il senso profondo all’origine del problema (Schultz, 1981; Baruzzo, 2014, p. 71). Un ulteriore aspetto comune tra i due modelli riguarda la creazione di una relazione empatica tra clinico e paziente durante la fase iniziale dell’intervento, così da favorire un ambiente sicuro in cui il paziente si sente più a suo agio nel raccontare ricordi, fantasie ed esperienze traumatiche. In questo modo l’individuo si sentirà più consapevole e sarà pronto ad affrontare e rielaborare materiale delicato, arrivando sempre più verso un’accettazione di sé stesso. (Baruzzo, 2015, p. 129; De Rivera, 2015, p. 117). Per quanto riguarda invece le differenze tra i due modelli, notiamo come nel caso del training autogeno, il terapeuta assume, a differenza dell’approccio psicodinamico, un ruolo più “freddo” di insegnante esperto del metodo e tecnico, lasciando al paziente un ruolo più attivo e responsabile (De Rivera, 2015; Abuín, 2016). Lo stato autogeno è considerato da De Rivera (1997) come uno stato di “regressione a servizio dell’Io” caratterizzato da una “trasformazione della soggettiva esperienza di ansia in uno stato di rilassamento psicofisiologico e dall’aumento di consapevolezza dei propri processi interni”. L’Io, quando non è soggetto a forte ansia, aumenta le sue capacità e funzioni osservative, introspettive e abbassa le difese, permettendo il passaggio delle idee, impulsi e ricordi rimossi alla sfera cosciente. L’effetto terapeutico, in questo caso, è raggiunto grazie alla neutralizzazione delle esperienze emotive traumatiche e alla progressiva riorganizzazione della struttura psichica, che include anche materiale mentale allora inaccettabile.
Somiglianze e differenze fra i modelli psicodinamico e autogeno:
Somiglianze:
- Scoprire le cause dietro ai sintomi
- Senso profondo all’origine del problema
- Relazione empatica clinico/paziente (accoglienza, sicurezza, fiducia e protezione)
- Esistenza delle resistenze e difese
- Insight
- Inconscio e mondo interno
Differenze:
- Ruolo del clinico nell’orientamento autogeno (più freddo e tecnico)
- Ruolo del paziente (più attivo e responsabile)
- Transfert
- Interpretazione
- Gestione delle resistenze
Ipotesi d’intervento psicologico integrato – Entrambi i modelli colgono il significato profondo del sintomo. Gli obiettivi terapeutici dell’orientamento psicodinamico riguardano l’insight, la comprensione, la risoluzione del conflitto attraverso l’interpretazione, lo sviluppo del vero Sé, la capacità di riflettere sul proprio mondo interno, il miglioramento della qualità delle relazioni, l’adattamento alle frustrazioni, il rinforzo delle difese e la costruzione dell’Io (Gabbard, 2015, cap. 4-5). Questi obiettivi sembrano essere in gran parte concordi con quelli proposti dal modello autogeno, ovvero “trasformare gli atteggiamenti patologici acquisiti, che impediscono la via a una piena partecipazione alla vita” (Schultz, 2001, p. XXI) e che ostacolano “l’espressione della vera personalità, del vero Sé” (Baruzzo, 2004, p. 49). A partire da queste basi teoriche comuni, anche se utilizzano terminologie diverse, sembra possibile proporre un approccio integrato per la presa in carico del paziente. Oltre agli aspetti comuni dei due differenti modelli, esistono altri fattori aspecifici che risultano a sostegno di un intervento integrato. Questi sono la possibilità di offrire nuove esperienze emotive e correttive, di fornire sostegno e promuovere la riflessione, di creare una relazione empatica tra il clinico ed il paziente. Il clima accogliente e cooperativo favorisce un ambiente sicuro, nella quale il paziente si sente protetto e libero nel raccontare ricordi, fantasie ed esperienze traumatiche (Plante, 2011).
CONCLUSIONI
In conclusione, la possibilità di integrare l’orientamento psicodinamico con quello autogeno non solo appare possibile, ma la loro combinazione risulta utile ed efficace. Gli effetti delle tecniche autogene possono essere considerati un contributo prezioso per l’orientamento psicodinamico, viste le radici teoriche comuni (De Rivera, 1997). È necessario, per l’idoneità all’intervento integrato, valutare ed assicurarsi che il paziente abbia motivazione al trattamento ed una sufficiente capacità d’insight, soprattutto se si sceglie un intervento psicologico breve (Baruzzo 2014; Winston & Winston, 2002; Gabbard, 2010). Uno dei vantaggi dell’integrazione dei due approcci è quello di scoraggiare la dipendenza dal terapeuta, promuovendo un ruolo più attivo ed autonomo del paziente che si sente indipendente dal clinico (De Rivera, 1997, 2015; Abuín, 2016). Ulteriore vantaggio è la possibilità del paziente di proseguire la pratica a casa delle tecniche autogene per il mantenimento di una condizione di benessere generale.
Di seguito viene sintetizzata la valutazione clinica del paziente integrata dei due approcci e le sinergie che derivano dall’utilizzo contemporaneo dei due modelli:
VALUTAZIONE CLINICA
INTRODUZIONE
- Tipo e gravità del disturbo
- Storia medica e psichiatrica del paziente e della famiglia
- Contesto psico-sociale
- Tipo di invio e Richiesta d’aiuto del paziente
- Motivazione
FUNZIONAMENTO RELAZIONALE
- Prospettiva esperienziale del paziente
- Prospettiva esperienziale degli altri
- Empatia
- Intimità
I PRINCIPALI CONFLITTI DEL PAZIENTE
- Dipendenza vs autonomia
- Sottomissione vs controllo
- Accudimento vs autarchia
- Conflitti relativi all’autostima e identità
- Conflitti relativi al Super-Io e di colpa
- Conflitti edipici-sessuali
VALUTAZIONE DELLA STRUTTURA
- Percezione di sé (identità, autoriflessione, tratti patologici)
- Autoregolazione
- Difese
- Comunicazione
- Legame
SINERGIE TRA I DUE ORIENTAMENTI
INTERVENTO PSICOLOGICO E T.A. – MANIFESTAZIONI:
- AFFETTIVE – Rilassamento psicofisiologico con abbassamento delle difese
- COGNITIVE – Migliore verbalizzazione dei processi interni
- SCARICHE AUTOGENE – Collegamento con i traumi
TRANSFERT E T.A.
- Meno proiezioni del paziente sullo psicologo
- Auto-regolazione e diminuzione intensità del transfert
INCONSCIO E T.A.
- Descrizione di immagini e percezioni nello stato autogeno senza censura
- Scariche autogene e traumi
- Neutralizzazione di traumi e conflitti con il T.A.
INSIGHT, RESISTENZE E T.A.
- Insight più facilmente raggiungibile con lo stato autogeno
- Migliore conoscenza di sé ed elaborazione di desideri, conflitti ed impulsi
- Resistenze
Limiti dello studio e sviluppi futuri – Si sono riscontrate delle difficoltà nel reperire letteratura scientifica online sulle tecniche autogene (applicazioni e approcci integrati). Inoltre, è difficile valutare gli effetti che derivano dalla pratica delle tecniche autogene a causa della grande componente soggettiva dei parametri fisiologici su cui agisce la pratica del training autogeno. Un ulteriore limite riguarda le differenze fra i Paesi degli autori presi in considerazione nello studio circa l’intervento psicologico clinico. Come ultimo aspetto, nello studio si è posta l’attenzione sugli sviluppi del Training Autogeno che riguardano la tecnica della neutralizzazione proposta da De Rivera, rimane da sviluppare in futuro la parte degli esercizi autogeni superiori affrontati in chiave analitica proposti da Walnöffer.
BIBLIOGRAFIA
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